Canto XIII

E questo ti sia sempre piombo a' piedi, per farti mover lento com'uom lasso e al sì e al no che tu non vedi

Argomento del canto

Come immaginare le due corone dei beati – Tommaso d’Aquino spiega perché Salomone possa essere considerato il più sapiente – Invito a giudicare con cautela


Verso le nove di sera del 30 marzo (13 aprile).

Con i piedi di piombo!

Dante invita chi desidera ben intender quel che lui ha visto a imaginare quindici stelle luminose più le sette stelle del Carro più due dell’Orsa Minore e a trattenere l’image come ferma rupe così da avere quasi l’ombra di questa nuova vera costellazione e de la doppia danza dei due cerchi concentrici di dodici luci ognuno che lo circondano e si muovono paralleli. Il loro canto in questo quarto cielo celebra la Trinità.

Le due corone luminose si fermano e, felici, si fanno ora attente a Dante. La luce di Tommaso che ha narrato la mirabil vita del poverel di Dio, Francesco, prende di nuovo la parola: “Tu credi che in Adamo e in Cristo sia stato infuso il massimo lume di sapienza che è lecito alla natura umana e perciò ti meravigli di quello che ho detto prima relativamente a Salomone, la quinta luce della prima corona: come è possibile che nessuno ebbe sapienza come lui se Adamo e Cristo ne hanno ricevuto la massima? Quello che credi è vero. Considera anche questo: tutte le creature sono manifestazione splendida di quella idea che il nostro Sire, il Dio della Trinità, partorisce amando e che si diffonde nei nove cieli, attraverso le Intelligenze angeliche, attenuandosi via via che ci si avvicina alla terra. Come una medesima specie di albero produce frutta meglio o peggio così voi uomini nascete con diverso ingegno perché la materia e l’influenza celeste non producono sempre lo stesso effetto: la natura utilizza la luce di Dio sempre in modo imperfetto come artista che ha mano che trema. Il primo padre Adamo e Cristo, il nostro Diletto, hanno rappresentato, come tu lodevolmente credi, la perfezione dell’umana natura perché creati direttamente da Dio, il secondo attraverso la gravidanza della Vergine.

Salomone fu un re che chiese a Dio e l’ottenne sapienza sufficiente per essere re, non teologo, filosofo, fisico o matematico: ebbe il primato, quindi, nella regal prudenza rispetto ai regi, che son molti, e’ buoni son rari.

Queste mie parole ti facciano sempre movere lento come con piombo a’ piedi su questioni non evidenti: sono gli stolti a dichiararsi certi senza fare distinzione, a sposare l’oppinion corrente e ad avere affetto per le proprie posizioni. Per mettersi alla ricerca del vero, bisogna averne l’arte altrimenti si fanno gli errori degli antichi o degli eretici. Non siano le genti troppo sicure a giudicar: può fiorire lo prun secco come affondare una nave dritta e veloce a l’intrare in porto. Non si creda di sapere il giudizio divino nei confronti di chi si vede rubare o fare l’elemosina: il primo può riscattarsi, il secondo dannarsi”.

Testo del canto

Imagini, chi bene intender cupe

quel ch'i' or vidi - e ritegna l'image,

mentre ch'io dico, come ferma rupe -,


quindici stelle che 'n diverse plage

lo ciel avvivan di tanto sereno

che soperchia de l'aere ogne compage;


imagini quel carro a cu' il seno

basta del nostro cielo e notte e giorno,

sì ch'al volger del temo non vien meno;


imagini la bocca di quel corno

che si comincia in punta de lo stelo

a cui la prima rota va dintorno,


aver fatto di sé due segni in cielo,

qual fece la figliuola di Minoi

allora che sentì di morte il gelo;


e l'un ne l'altro aver li raggi suoi,

e amendue girarsi per maniera

che l'uno andasse al primo e l'altro al poi;


e avrà quasi l'ombra de la vera

costellazione e de la doppia danza

che circulava il punto dov'io era:


poi ch'è tanto di là da nostra usanza,

quanto di là dal mover de la Chiana

si move il ciel che tutti li altri avanza.


Lì si cantò non Bacco, non Peana,

ma tre persone in divina natura,

e in una persona essa e l'umana.


Compié 'l cantare e 'l volger sua misura;

e attesersi a noi quei santi lumi,

felicitando sé di cura in cura.


Ruppe il silenzio ne' concordi numi

poscia la luce in che mirabil vita

del poverel di Dio narrata fumi,


e disse: «Quando l'una paglia è trita,

quando la sua semenza è già riposta,

a batter l'altra dolce amor m'invita.


Tu credi che nel petto onde la costa

si trasse per formar la bella guancia

il cui palato a tutto 'l mondo costa,


e in quel che, forato da la lancia,

e prima e poscia tanto sodisfece,

che d'ogne colpa vince la bilancia,


quantunque a la natura umana lece

aver di lume, tutto fosse infuso

da quel valor che l'uno e l'altro fece;


e però miri a ciò ch'io dissi suso,

quando narrai che non ebbe 'l secondo

lo ben che ne la quinta luce è chiuso.


Or apri li occhi a quel ch'io ti rispondo,

e vedrai il tuo credere e 'l mio dire

nel vero farsi come centro in tondo.


Ciò che non more e ciò che può morire

non è se non splendor di quella idea

che partorisce, amando, il nostro Sire;


ché quella viva luce che sì mea

dal suo lucente, che non si disuna

da lui né da l'amor ch'a lor s'intrea,


per sua bontate il suo raggiare aduna,

quasi specchiato, in nove sussistenze,

etternalmente rimanendosi una.


Quindi discende a l'ultime potenze

giù d'atto in atto, tanto divenendo,

che più non fa che brevi contingenze;


e queste contingenze essere intendo

le cose generate, che produce

con seme e sanza seme il ciel movendo.


La cera di costoro e chi la duce

non sta d'un modo; e però sotto 'l segno

ideale poi più e men traluce.


Ond'elli avvien ch'un medesimo legno,

secondo specie, meglio e peggio frutta;

e voi nascete con diverso ingegno.


Se fosse a punto la cera dedutta

e fosse il cielo in sua virtù supprema,

la luce del suggel parrebbe tutta;


ma la natura la dà sempre scema,

similemente operando a l'artista

ch'a l'abito de l'arte ha man che trema.


Però se 'l caldo amor la chiara vista

de la prima virtù dispone e segna,

tutta la perfezion quivi s'acquista.


Così fu fatta già la terra degna

di tutta l'animal perfezione;

così fu fatta la Vergine pregna;


sì ch'io commendo tua oppinione,

che l'umana natura mai non fue

né fia qual fu in quelle due persone.


Or s'i' non procedesse avanti piùe,

'Dunque, come costui fu sanza pare?'

comincerebber le parole tue.


Ma perché paia ben ciò che non pare,

pensa chi era, e la cagion che 'l mosse,

quando fu detto «Chiedi», a dimandare.


Non ho parlato sì, che tu non posse

ben veder ch'el fu re, che chiese senno

acciò che re sufficiente fosse;


non per sapere il numero in che enno

li motor di qua sù, o se necesse

con contingente mai necesse fenno;


non si est dare primum motum esse,

o se del mezzo cerchio far si puote

triangol sì ch'un retto non avesse.


Onde, se ciò ch'io dissi e questo note,

regal prudenza è quel vedere impari

in che lo stral di mia intenzion percuote;


e se al «surse» drizzi li occhi chiari,

vedrai aver solamente respetto

ai regi, che son molti, e ' buon son rari.


Con questa distinzion prendi 'l mio detto;

e così puote star con quel che credi

del primo padre e del nostro Diletto.


E questo ti sia sempre piombo a' piedi,

per farti mover lento com'uom lasso

e al sì e al no che tu non vedi:


ché quelli è tra li stolti bene a basso,

che sanza distinzione afferma e nega

ne l'un così come ne l'altro passo;


perch'elli 'ncontra che più volte piega

l'oppinion corrente in falsa parte,

e poi l'affetto l'intelletto lega.


Vie più che 'ndarno da riva si parte,

perché non torna tal qual e' si move,

chi pesca per lo vero e non ha l'arte.


E di ciò sono al mondo aperte prove

Parmenide, Melisso e Brisso e molti,

li quali andaro e non sapean dove;


sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti

che furon come spade a le Scritture

in render torti li diritti volti.


Non sien le genti, ancor, troppo sicure

a giudicar, sì come quei che stima

le biade in campo pria che sien mature;


ch'i' ho veduto tutto 'l verno prima

lo prun mostrarsi rigido e feroce;

poscia portar la rosa in su la cima;


e legno vidi già dritto e veloce

correr lo mar per tutto suo cammino,

perire al fine a l'intrar de la foce.


Non creda donna Berta e ser Martino,

per vedere un furare, altro offerere,

vederli dentro al consiglio divino;


ché quel può surgere, e quel può cadere».

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