Canto XX

Così da quella imagine divina, per farmi chiara la mia corta vista, data mi fu soave medicina.

Argomento del canto

Il canto dei beati – L’occhio dell’aquila – La salvezza di Traiano e Rifeo – Il mistero del giudizio di Dio


Ore pomeridiane del 31 marzo (14 aprile).

L’aquila rende chiara la vista

Quando il sole tramonta, accende le stelle in cielo. Quando il benedetto rostro dell’aquila tace, le vive luci delle anime che lo compongono si distinguono. Le muove nel canto che Dante non può ricordare un dolce amore ardente che le riveste di sorriso!

Una volta in silenzio, a Dante pare improvvisamente di udir un mormorar di fiume che scende chiaro giù di pietra in pietra come generato dal collo dell’aquila. Diventa voce e poi parole che escono dal becco: “Guarda nel mio occhio dove scintillano le anime più nobili,  fuochi sommi”.

L’aquila presenta le anime che formano il suo occhio. Ci sono, tra gli altri, il personaggio biblico di David, il cantor de lo Spirito Santo, scrittore di salmi; l’imperatore romano Traiano che consolò una vedovella facendo giustizia per la morte del figlio e che, prima di fare esperienza della dolce vita del paradiso, fu all’inferno; l’imperatore Costantino che donò al papa il territorio di Roma senza sapere che da quella donazione il mondo sarebbe stato distrutto e Rifeo Troiano, un personaggio minore dell’Eneide che Virgilio ha definito giustissimo.

Come un’allodetta, che si è librata in aria cantando, tace contenta, sazia de l’ultima sua dolcezza, così fa l’aquila. Sebbene Dante sappia di essere trasparente come vetro per i beati che conoscono i suoi pensieri e dubbi, non riesce a trattenersi dal dire con forza: “Ma che cose dite mai?”. L’occhio dell’aquila si fa più acceso: “Vedo che tu credi a quello che dico, ma non capisci come possano dei pagani come Traiano e Rifeo essere in cielo. In realtà, non uscirono dai loro corpi, come credi, da pagani, ma da cristiani. Il primo risuscitò dall’inferno grazie ai prieghi di san Gregorio Magno, ammirato dal suo senso di giustizia e, tornato per poco sulla terra, si convertì al vero amore diventando degno di questo nostro gioco paradisiaco. Il secondo, per grazia, fu così amante della giustizia che Dio gli svelò con anticipo il messaggio cristiano in modo da allontanarlo dal puzzo del paganesimo. Gli valsero per battesmo, più di mille anni prima che questo sacramento fosse istituito, le tre donne che tu hai visto nel paradiso terrestre accanto alla rota destra del carro del grifone, le virtù teologali.

Quanto è misteriosa la predestinazione per voi mortali! Siate cauti a giudicare perché anche noi anime del paradiso, che vediamo Dio, non sappiamo quali saranno i beati: la nostra felicità è conformarsi alla volontà divina”.

In questo modo l’aquila dà a Dante una soave medicina per fargli chiara la sua corta vista. Le due luci benedette di Traiano e di Rifeo, concordi come un batter d’occhi, sfavillano simultanee a queste parole.

Canto integrale

Quando colui che tutto 'l mondo alluma

de l'emisperio nostro sì discende,

che 'l giorno d'ogne parte si consuma,


lo ciel, che sol di lui prima s'accende,

subitamente si rifà parvente

per molte luci, in che una risplende;


e questo atto del ciel mi venne a mente,

come 'l segno del mondo e de' suoi duci

nel benedetto rostro fu tacente;


però che tutte quelle vive luci,

vie più lucendo, cominciaron canti

da mia memoria labili e caduci.


O dolce amor che di riso t'ammanti,

quanto parevi ardente in que' flailli,

ch'avieno spirto sol di pensier santi!


Poscia che i cari e lucidi lapilli

ond'io vidi ingemmato il sesto lume

puoser silenzio a li angelici squilli,


udir mi parve un mormorar di fiume

che scende chiaro giù di pietra in pietra,

mostrando l'ubertà del suo cacume.


E come suono al collo de la cetra

prende sua forma, e sì com'al pertugio

de la sampogna vento che penètra,


così, rimosso d'aspettare indugio,

quel mormorar de l'aguglia salissi

su per lo collo, come fosse bugio.


Fecesi voce quivi, e quindi uscissi

per lo suo becco in forma di parole,

quali aspettava il core ov'io le scrissi.


«La parte in me che vede e pate il sole

ne l'aguglie mortali», incominciommi,

«or fisamente riguardar si vole,


perché d'i fuochi ond'io figura fommi,

quelli onde l'occhio in testa mi scintilla,

e' di tutti lor gradi son li sommi.


Colui che luce in mezzo per pupilla,

fu il cantor de lo Spirito Santo,

che l'arca traslatò di villa in villa:


ora conosce il merto del suo canto,

in quanto effetto fu del suo consiglio,

per lo remunerar ch'è altrettanto.


Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio,

colui che più al becco mi s'accosta,

la vedovella consolò del figlio:


ora conosce quanto caro costa

non seguir Cristo, per l'esperienza

di questa dolce vita e de l'opposta.


E quel che segue in la circunferenza

di che ragiono, per l'arco superno,

morte indugiò per vera penitenza:


ora conosce che 'l giudicio etterno

non si trasmuta, quando degno preco

fa crastino là giù de l'odierno.


L'altro che segue, con le leggi e meco,

sotto buona intenzion che fé mal frutto,

per cedere al pastor si fece greco:


ora conosce come il mal dedutto

dal suo bene operar non li è nocivo,

avvegna che sia 'l mondo indi distrutto.


E quel che vedi ne l'arco declivo,

Guiglielmo fu, cui quella terra plora

che piagne Carlo e Federigo vivo:


ora conosce come s'innamora

lo ciel del giusto rege, e al sembiante

del suo fulgore il fa vedere ancora.


Chi crederebbe giù nel mondo errante,

che Rifeo Troiano in questo tondo

fosse la quinta de le luci sante?


Ora conosce assai di quel che 'l mondo

veder non può de la divina grazia,

ben che sua vista non discerna il fondo».


Quale allodetta che 'n aere si spazia

prima cantando, e poi tace contenta

de l'ultima dolcezza che la sazia,


tal mi sembiò l'imago de la 'mprenta

de l'etterno piacere, al cui disio

ciascuna cosa qual ell'è diventa.


E avvegna ch'io fossi al dubbiar mio

lì quasi vetro a lo color ch'el veste,

tempo aspettar tacendo non patio,


ma de la bocca, «Che cose son queste?»,

mi pinse con la forza del suo peso:

per ch'io di coruscar vidi gran feste.


Poi appresso, con l'occhio più acceso,

lo benedetto segno mi rispuose

per non tenermi in ammirar sospeso:


«Io veggio che tu credi queste cose

perch'io le dico, ma non vedi come;

sì che, se son credute, sono ascose.


Fai come quei che la cosa per nome

apprende ben, ma la sua quiditate

veder non può se altri non la prome.


Regnum celorum violenza pate

da caldo amore e da viva speranza,

che vince la divina volontate:


non a guisa che l'omo a l'om sobranza,

ma vince lei perché vuole esser vinta,

e, vinta, vince con sua beninanza.


La prima vita del ciglio e la quinta

ti fa maravigliar, perché ne vedi

la region de li angeli dipinta.


D'i corpi suoi non uscir, come credi,

Gentili, ma Cristiani, in ferma fede

quel d'i passuri e quel d'i passi piedi.


Ché l'una de lo 'nferno, u' non si riede

già mai a buon voler, tornò a l'ossa;

e ciò di viva spene fu mercede:


di viva spene, che mise la possa

ne' prieghi fatti a Dio per suscitarla,

sì che potesse sua voglia esser mossa.


L'anima gloriosa onde si parla,

tornata ne la carne, in che fu poco,

credette in lui che potea aiutarla;


e credendo s'accese in tanto foco

di vero amor, ch'a la morte seconda

fu degna di venire a questo gioco.


L'altra, per grazia che da sì profonda

fontana stilla, che mai creatura

non pinse l'occhio infino a la prima onda,


tutto suo amor là giù pose a drittura:

per che, di grazia in grazia, Dio li aperse

l'occhio a la nostra redenzion futura;


ond'ei credette in quella, e non sofferse

da indi il puzzo più del paganesmo;

e riprendiene le genti perverse.


Quelle tre donne li fur per battesmo

che tu vedesti da la destra rota,

dinanzi al battezzar più d'un millesmo.


O predestinazion, quanto remota

è la radice tua da quelli aspetti

che la prima cagion non veggion tota!


E voi, mortali, tenetevi stretti

a giudicar; ché noi, che Dio vedemo,

non conosciamo ancor tutti li eletti;


ed ènne dolce così fatto scemo,

perché il ben nostro in questo ben s'affina,

che quel che vole Iddio, e noi volemo».


Così da quella imagine divina,

per farmi chiara la mia corta vista,

data mi fu soave medicina.


E come a buon cantor buon citarista

fa seguitar lo guizzo de la corda,

in che più di piacer lo canto acquista,


sì, mentre ch'e' parlò, sì mi ricorda

ch'io vidi le due luci benedette,

pur come batter d'occhi si concorda,


con le parole mover le fiammette.

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